sabato 13 dicembre 2025

La nascita del punto croce — una storia che viene da lontano.


Si racconta che il punto croce sia nato molto prima che qualcuno gli desse un nome.  Tanto tempo fa, quando le case erano illuminate dal fuoco e i tessuti venivano intrecciati a mano, le donne dei villaggi usavano fili tinti con erbe e radici per rinforzare i vestiti consumati dal lavoro. All’inizio non cercavano la bellezza: cercavano solo di riparare strappi e fori, un filo sopra l’altro, due piccoli punti incrociati per rendere la stoffa più resistente.  Ma un giorno, qualcuno si accorse che quell’incrocio aveva un ritmo, un ordine, quasi una musica. Bastava ripeterlo per creare un disegno. Così, quei punti nati per necessità diventarono presto simboli, decorazioni, piccole storie cucite sulle stoffe.  Nell’antico Egitto hanno trovato tuniche ricamate con motivi geometrici incrociati. In Asia si usava il punto croce per richiamare fortuna e protezione. Nel Medioevo, le monache ornano i paramenti sacri con fili d’oro e rosso, incrocio dopo incrocio, come fosse una preghiera silenziosa. E poi l’Europa, i sampler, i telai rotondi, le iniziali cucite sulle lenzuola, i bouquet di fiori che non appassiscono mai. Ogni popolo ci ha messo il suo stile, la sua mano, la sua storia.  Il punto croce è diventato così: una lingua antichissima fatta di piccoli segni uguali tra loro, ma capaci di raccontare mondi completamente diversi. Ogni X è una scintilla di pazienza, un gesto che calma, un respiro. Ogni ricamo è un ponte tra passato e presente, tra mani che hanno lavorato secoli fa e mani che ricamano oggi, in una casa moderna, alla luce calda di una lampada.  E forse è proprio questo il suo segreto: è un’arte che non corre. Si crea piano. Si svela piano. Come tutte le cose che durano.

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