Ci sono lavori che non nascono da un progetto preciso, ma da un bisogno silenzioso. Questo centro tavola in macramè è nato così, senza fretta, quasi senza pensarci. Un filo dopo l’altro, tra le mani, mentre la casa era calma e il tempo sembrava rallentare.
Il macramè ha qualcosa di profondamente antico: non chiede velocità, non ammette distrazioni. Ogni nodo è una scelta, ogni intreccio è un piccolo atto di presenza. Devi esserci, davvero. Con la testa, con le mani, con il respiro.
L’ho cucito in uno di quei momenti in cui sentivo il bisogno di semplicità. Di cose vere. Di materia naturale. Il cotone grezzo, il colore neutro, le linee geometriche che si ripetono con una dolcezza quasi ipnotica. Non c’è nulla di urlato, nulla che voglia attirare l’attenzione. Eppure, una volta posato sul tavolo, questo centro tavola racconta. Racconta di pazienza, di cura, di un tempo lento che oggi sembra quasi un lusso.
Intorno, i libri, il legno, i gomitoli di corda raccolti in una ciotola. Tutto parla la stessa lingua: quella delle cose fatte con amore, senza l’ansia di dover dimostrare qualcosa. È un lavoro imperfetto, come lo sono tutte le cose vive. E proprio per questo è autentico.
Mi piace pensare che questo centro tavola non sia solo un oggetto, ma una traccia. Il segno di un momento in cui ho scelto di fermarmi, di intrecciare fili invece di pensieri, di creare ordine fuori mentre dentro imparavo a lasciare andare.
Forse è questo, alla fine, il vero senso del fare a mano: non decorare una casa, ma abitare il proprio tempo con più gentilezza.
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